articolo pubblicato su Rolling Stone, Aprile 2009
qui in forma integrale, non tagliuzzata.
Un Salone del mobile a caso
Sta per inaugurare il Salone del Mobile, anno 2008. Anche quest'anno ci sarà un incremento degli eventi fuori Salone che dicono si aggireranno sui 400, (quelli documentati dalla rivista INTERNI), mentre quelli non segnalati chi può dire quanti e dove saranno? La mia casella mail ne sa qualcosa, da una settimana mi invitano a imprescindibili opening in alberghi, negozi, parchi e garages e sgabuzzini.
Negli anni '80 gli eventi fuori Salone erano una decina, ci andavano soltanto designers e architetti, poi Cappellini diede il "La" offrendo per la prima volta sushi nel corso di una sua inaugurazione a Milano, seguito negli anni successivi dallo champagne, le ostriche e i petali di rosa canditi.
A quel punto tutto era in discesa. E adesso siamo qui.
Fare il designer in questa settimana è più banale che fare il panettiere, anche perchè di panettieri bravi a Milano ne son rimasti pochi, i più usano tutti troppa farina, e per dare l'impressione che il prodotto sia naturale cospargono di farina bianca anche il pane cotto, il chè non serve a un cazzo, se non a sporcarti i pantaloni.
Martedì
Il primo giorno decido di cominciare con qualcosa di morbido, dopotutto arrivo a Milano troppo tardi per andare alle inaugurazioni delle 18. Vado alla serata Nike, ai Magazzini Generali.
Si tratta della solita struttura industriale ricoperta da glassa d'architetto, almeno questa era l'intenzione iniziale, poi con il tempo la pavimentazione si è sfatta e l'acustica è rimasta il problema principale, legato a uno spazio dove rimbombano anche le scoregge degli avventori. Forse è per questo che nella zona centrale del locale staziona un soffocato odore di fognatura stagnante, perenne. Tutto sommato era meglio quando nei locali si poteva fumare all'interno.
Intorno a noi i soliti video promozionali, con un pò di immagini Nike legate al football che non guarda nessuno. Si sgomita per il primo free drink legato all'invito.
Lo sponsor per l'occasione ha pagato Sebastien Tellier per ravvivare la serata, per cui c'è pure qualche appassionato venuto qui semplicemente per ascoltare la musica e non per essere pierre di sè stesso.
Sebastien Tellier è un musicista appartenente alla corte degli Air, per cui c'è da aspettarsi un frullatone di elettronica vintage, romanticherie, voci filtrate e puzza sotto il naso in salsa francese.
Sebastien è uno che mi sta simpatico, ha un'aria da supernerd, con il suo giubbotto arancione e l'aria dimessa. E' un grande, indossa scarpe Adidas a un'evento Nike, assomiglia ad Andy Luotto e ha l'aria felice, non reagisce nemmeno quando gli schermi trasmettono le immagini della vittoria italiana ai mondiali, con un bel primo piano di Materazzi.
Non reagisce perchè è fatto. Sebastien chiede sigarette, imbraccia una chitarra a freccia suonando suoni flangerati con voce flangerata, poi conclude il suo psichedelico set con "La Retournelle", usata nella pubblicità di indovina che marchio? Applausi, niente bis.
A Beppe, mio amico architetto designer e ai suoi assistenti di studio il concerto non è piaciuto, ma non fanno molto testo dal momento che sono stati quasi tutto il tempo a fumare fuori.
Mercoledì
Ogni anno il mio amico Diego viene a stare da me per i giorni del Salone del Mobile. Ogni anno arriva per lamentarsi che anche quest'anno non c'è niente di nuovo. E che a Milano è tutto fuffa. D'altra parte lui proviene da Abano Terme, che odia profondamente, ma stranamente non riesce a cogliere lo spirito internazionale di questa settimana magica. Di solito gli fanno male i piedi, e poi si gira a vuoto e non si mangia, e per finire lamenta che l'ambiente del design è desolantemente etero. Io e Diego oggi ce ne andiamo in giro insieme, prima tappa : Moroso.
Lo show room di Moroso mobili è un gran carnaio. Sta in via Pontaccio, strettissima, e ogni anno centinaia di automobilisti si ingolfano lì, maledicendo la Settimana del Mobile. Il rumore dei clacson fa da colonna sonora al nostro ingresso sudato. All'interno troviamo il Piccolo Giardino Selvaggio dell'Amore, istallazione bucolica dell'artista Tord Boontje, che ha disegnato una collezione di sedute e tavoli, molto, molto sedie della nonna. Strisce di plastica trasparente serigrafata con motivi floreali, fiori ritagliati, all'ingresso una cascatella artificiale, il tutto farcito di individui che pascolano in cerca di prosecco e parmigiano. Io cerco Patrizia Moroso tra la folla, ma a quanto pare sta ancora cercando di raggiungere Milano in macchina, da Udine. Che si fa? Ci sediamo sulle sedie deposte e sparpagliate ovunque, (comode!) ci costringiamo a spostarci allo spazio Dilmos poche decine di metri lì accanto. Lo spazio Dilmos ci accoglie con un pò di designer integralisti all'ingresso dall'aria mesta "il solito gran Bazaar!". In effetti... ci aggiriamo tra tavoloni in vetro con incastonate caramelle (almeno credo), ma al solo secondo giorno sono già abbastanza rincoglionito, e non riesco a indovinare se allo spazio Dilmos si cela il Cattelan del futuro ( M.C. ha iniziato con loro) tra l'altro la nostra visita è interrotta da un sms che ci invita al grattacielo Pirelli. Io dentro al grattacielo Pirelli non ci sono mai stato, e recuperati Gabriella Giandelli (alta autrice di fumetti) e Milco Carboni ( architetto ex Sottsass ass. ), ci muoviamo. Per entrare al Pirellone veniamo sottoposti a perquisizione e metal detector, sembra di prendere un aereo. Io ho un sacco di ferraglia da smaltire, ma in capo a 20 minuti sono all'ultimo piano, dove siamo nel mezzo dei risultati del concorso Citroen. Detti risultati sono abbastanza poco rilevanti, un tizio ronza parlandomi delle tecnologie applicate all'installazione di proiezioni sovrapposte, ma è la vista dal grattacielo a fare la sua parte. Dall'alto si possono vedere tutte le zone toccate dai lavori per l'Expo del 2015, isole di vuoto. Si potrebbe anche lasciare tutto così, grandi ovali vuoti, senza nulla , all'interno della città, senza monumenti, alberi, vietati alle persone, visibili solo dall'aereo, delle specie di Nazca minimali contemporanei, tanto a me che me ne frega, anche se ci verrà costruito qualcosa non avrò mai la possibilità di viverci.
La fame ci fa scendere e spazza i pensieri oziosi. Troviamo un ristorante messicano miracolosamente aperto e mangiamo alla meno peggio, è tardi e siamo gli unici avventori del locale, ma la musica è ostentatamente alta. Non è musica messicana, ma la top ten internazionale riarrangiata in chiave salsa. In qualche girone dell'inferno stanno trasmettendo la stessa musica.
Giovedì
Oggi come da copione in qualsiasi anno della settimana del Mobile, piove. E' una questione chimica, credo, evidentemente la concentrazione di design catalizza l'addensamento di cirrocumuli. Bestemmiando, nel pomeriggio mi porto al Palazzo delle Stelline, dove mi vedo un pò di design francese e delle sculture bulbose in ceramica di Emmanuel Babled, poi ribestemmiando mi becco un ora buona di pioggia per tornare in zona eventi e decido di chiudermi in casa e di non uscire fino a sera, ma vengo fermato da una chiamata di Diego, che mi dice di accorrere alla via parallela a dove abito io, perchè c'è il circo!
In effetti il circo c'è davvero: un negozio specializzato in recupero poprococò di vecchi mobili ha organizzato uno show molto variopinto, con clowns in monociclo, clowns specializzati nel ricavare fiori e animali dai palloncini, belle ragazzone vestite da sexy clowns, clowns giocolieri.
Anche i mobili del negozio sono in tema, con la credenza-gabbia per le tigri, il divano-supereroi, il comò bicicletta, basta basta che mi piscio addosso dal ridere!
Propongo a Diego di comprare qualcosa a un take-away di cibo giappofinto, ce lo mangiamo in casa e ci distendiamo una mezz'ora prima di andare al party di Fabio Novembre alla Rotonda della Besana.
Visto che si trova sulla strada entriamo un attimo all'Istituto Europeo di Design. Non c'è nessuno, a parte qualche studente adibito a ruolo di dj che martella già i piatti e i coglioni dei pochi astanti con minimaltecnobecera. E' ancora troppo presto per la festa, ma la cosa positiva è che cè ancora un sacco di birra gratis dello sponsor ufficiale, e ne approfittiamo con piacere, nel cortile vengono proiettati sulle finestre brevi filmati con persone a mezzo busto, di schiena, delle sedie e un paio di culi (almeno mi pare). Vedo la mia amica TT, insegnante dello IED settore new media. TT è già sbronza e immediatamente individua me e Diego come coppia gay (io quindi sarei del genere "bear"): è molto amichevole, per cui non mi soffermo in inutili precisazioni. Ci racconta un pò delle sue esperienze in vari locali SM sparsi per il globo ammiccando e dando di gomito,
E' ora di andar via mentre Diego esclama " Cazzo che giusta!".
Pochi minuti e siamo di fronte alla Rotonda della Besana, ma essere muniti di invito non basta: è il party della serata e dentro c'è già troppa gente. Non si entra. Siamo bloccati al cancello per un pò, finchè dietro di noi non si crea un numeroso gruppo di entusiasti designvictims che cominciano a spingere inesorabilmente, e con effetto a tappo di champagne siamo catapultati dentro.
Piove, per cui la gente si stipa all'interno della mostra e a riparo del chiostro. Superiamo L'esposizione di sedie con sedere in vista (so che pensate a quella battuta, ma non la farò), maniglie con sezione a cuore e una enorme, scenografica testa rivestita di mosaici dorati Bisazza, e ci portiamo nell'ampio salone con altre poltrone Cappellini e un' installazione fatta con quelle che sembrano enormi tagliatelle nello spazio.
Su un divano Fabio, Lapo ( delle dinastia Agnelli) e Lupi (direttore di GQ) parlano della loro fratellanza e della forza creativa dell'amore a una giornalista di una web tv. Tutto questo amore è evidentemente poco recepito dalla massa, che sta tirando giù i frigoriferi delle birre dal momento che i beveraggi sono desolatamente esauriti. Poco dopo la security comincia a spazzar via il pubblico e io e Diego ci ritroviamo fuori, a raggiungere l'ultimo tram viaggiante.
Sotto la pioggia.
Venerdì
Oggi è una giornata dedicata al cibo. Vado a fare colazione al nuovo caffè dello spazio Trussardi, dove ci servono alimenti vari dentro piccoli bicchieri. Dopo un pò il mio stomaco fa le capriole disorientato, ho mangiato cose salate, dolci, microbrioscine, bevuto caffè e champagne in ordine sparso e i miei succhi gastrici sono andati in tilt, il che mi impedisce di apprezzare a pieno il lavoro dell'artista-botanico Patrick Blanc, che ha creato una specie di giardino sospeso all'interno di uno spazio di cristallo. Forse l'apprezzerei di piu in una giornata di sole, ma ovviamente piove. Il giardino sospeso si chiama "The Unexpected Garden", e sfrutta principi di coltivazione idroponica, è eco-sostenibile, ed è in grado di ottimizzare l'isolamento termico dell'edificio e di migliorare le condizioni dell'aria filtrando gli agenti inquinanti e producendo ossigeno.
Esco con una gran voglia di MacDonald. In effetti qui vicino c'è il MacDonald di Piazza Duomo, e anche qui espongono design, per la precisione prototipi di nuovi packaging.
Entro pregustando il gap tra il basso e l'alto della ristorazione, invece dimenticavo che di recente la grande M sta sperimentando una nuova estetica per i suoi punti vendita, per il momento in punti strategici, e uno di questi è al Duomo. Luci più basse del solito, colori verde mela e marrone, sedili e poltroncine imbottite, perfino l'odore di fritto è più ovattato. Salgo in una saletta dove c'è l'esposizione, e osservo packaging frutto delle menti creative degli studenti di Design, generalmente molto più costosi di quel che devono contenere. Mi si incolla immediatamente una ragazza. Riempie la mia borsa di depliant e malloppi cartacei che si ostinano a spiegarmi il valore della ricerca, e anche un cd con tutti i progetti in mostra (pure quelli che non si trovano lì!). E' evidentemente disperata: sono l'unico umano che si è avventurato fino a qui, e si vede che vuole fortemente sentirsi utile a qualcosa. A me piacerebbe molto essere utile, ma non so che posso fare per migliorare il fast food. Forse bisognerebbe metterlo al pari del fumo, e mettere sulle confezioni la scritta "Il menù maxy uccide". Per me mangiare l'hamburger ogni tanto è un piacere colpevole, come fumare e consumare pornografia, e non mi va molto che diventi troppo chic. Mi piace consumarlo in luoghi chiassosi e unti, altrimenti non c'è gusto.
Questa sera dovrebbe esserci la Zona Tortona Night. Per i non-indigeni preciso che una volta via Tortona aveva solo una cosa di rilievo: un ponte di ferro bellissimo che collegava la stazione di Porta Genova a Via Tortona. Poi è arrivato il SuperStudio. Negli ultimi tempi quella zona è stata tutto un fiorire di studi fotografici, sale di posa , show room e piccole gallerie, che si coalizzano durante il Salone del Mobile per una specie di Notte Bianca in miniatura dove si entra e si esce a vedere decine e decine di proposte che nessun essere senziente può farsi mancare nella vita. Io ho deciso di perdermele tutte.
L'anno scorso sembrava di essere a un carnevale di Rio senza costumi sgargianti, migliaia di persone imbriache occupava la via stretta e lunga, e ad un tratto si era tappato tutto e le persone non riuscivano a camminare nè avanti nè indietro. Solo dopo molte ore riuscii a disincagliarmi e a trovare la via del ritorno. Mai più.
Ritorno in centro. Attraverso il Duomo e la galleria Vittorio Emanuele, al centro un dibattito sulla vivibilità delle grandi città con Fabio Novembre e il sindaco di Torino Chiamparino.
Delle amiche mi chiamano per cenare da Joia, ristorante vegetariano molto molto piùpiù degli altri. Ho i brividi, ma penso che in fondo passare una sera seduti non è poi tanto male.
Il ristorante Joia ha una cosa positiva: i menù mi fanno molto ridere, sembrano redatti dall'astrologo di D Donna : non descrivono gli alimenti, ma li "poetano".
Le mie amiche sono insensibili alla poesia, hanno una fame orba. Dopo tre quarti d'ora non ci hanno portato ancora il pane, evidentemente per Joia non è una buona serata. Una delle mie commensali soffre di un sacco di allergie alimentari, e alla fine la sua scelta si riduce a due piatti, peccato che quello da lei scelto contenga una piccola quantità di noci, alimento per lei letale. Per fortuna se ne accorge prima di toccare il cibo assassino e ci risparmia lo spettacolo di una persona rantolante sul pavimento del raffinato ristorante. Il cibo è buono, le cucchiaiate di vegetali selezionati hanno proprio il sapore dei vegetali selezionati. Conto salato. Domani pranzo a casa.
Sabato
Con il Sabato inizia la fase calante. In realtà gli opening da non perdere si sono concentrati mercoledì e giovedì, e questa giornata è dedicata a vedere ciò che ci si è persi. Allo spazio Krizia di solito c'è Ingo Maurer, con le sue lampade sempre mozzafiato, ma quest'anno ho il fiato corto. Faccio qualcosa di diverso, e vado a un dibattito curato dalla Web TV UltraFragola. Lì canta Patrizia di Malta, canzoni bossanova ispirate ad architetti e designers, l'autore dei testi è Paolo di Bella (il direttore del Tg di RAI 3).
Il dibattito è all'interno di una tenda di fronte ella Triennale, c'è il sole, sono le 5 del pomeriggio, si beve e si mangia, Patrizia canta, sembra di essere a una piacevole scampagnata. Poi arrivano i dibattenti: c'è Roberto d'Agostino in palandrana viola con la Madonna trapuntata sulla schiena, Fabio Novembre, L'architetto Mario Bellini e Andrea Pezzi a far da moderatore. La discussione è un frullato di argomenti, eccone alcuni in ordine sparso: come cambierà Milano l'Expo? I grandi architetti sono necessariamente anche bravi mariti e padri di famiglia? Perchè il progetto del grattacielo curvo di Libeskind non è piaciuto a Berlusconi? Perchè pensiamo che il design italiano sia il migliore nel mondo?
Io aggiungerei altre domande: perchè pensiamo all'Expo se non riusciamo nemmeno a far funzionare le scale mobili della metropolitana? Perchè il prosecco di tutti i vernissages milanesi sa sempre da fichi secchi? Perchè Di Bella scrive testi per canzoni, e soprattutto per quale scherzo astrale continuo a incrociarmi con Fabio Novembre?
Il momento migliore del dibattito è la pausa, quando un paio di ultrasettantenni si impossessano delle poltrone del palco e si stravaccano lì, con la beata incoscienza di chi ha i piedi gonfi. Si fatica un pò per scollarle, ma a quel punto il dibattito si trascina in una gara a chi è più intelligente.
Il mio amico Beppe Facente ( che ha passato il tempo a fumare fuori dal tendone), mi porta all'Università Degli Studi, dove ci sono le installazioni dedicate alla luce. Tutto è naturalmente molto ecostenibile, con ricorso ad energie alternative e al riutilizzo di materiali, senza dimenticare il rispetto dell'ambiente. A questo proposito probabilmente si è ispirato Antonio Marras con le sue gabbiette contenenti video di uccelli sui rami. Mi sfugge l'utilità, ma come si dice "piace tanto ai bambini". E' sera, e le installazioni di luce risaltano, soprattutto un serpentone colorato enorme al centro del prato a opera di Jacopo Foggini, e un lampione-albero di Ross Lovegrove. Me lo immagino con contorno di tossici e barboni, e chissà se il comune cambierebbe le luci ecosostenibili con luci di wood, per impedire agli eroinomani di trovarsi le vene, come accade in certi bagni dei locali notturni. Pensa un pò che belle fantasie.
Mi chiedo in questo contesto cosa ci facciano qui delle macchine per ginnastica vibranti. Catalizzano l'attenzione della folla e garantiscono l'equivalente di un ora di ginnastica in 5 minuti.
Naturalmente voglio provare anch'io: bisogna appoggiarsi a un manubrio e prendere un posizione invereconda sporgendo il sedere. Dopo appena 60 secondi le cosce fanno un male cane, poi i polpacci e infine i glutei. Resisto per i 5 minuti, ma non mi regalano nulla, ho le chiappe annodate, e non posso fare altro che chiuderla qui.
Domenica
Per prima cosa un pò di flessioni alle dita dei piedi, poi indossare scarpe comode.
Oggi si va alla Fiera di Rho, il vero cuore del Salone
La Fiera di Rho è percorsa in tutta la sua lunghezza da un tapis roulant sopraelevato.
Se l'architetto Fuksas fosse un tipo spiritoso si sarebbe ispirato alle architetture dei Pronipoti, invece la Nuova Fiera è tutto vetro acciaio e cemento... Il colore è tabù, a parte il solito rosso che fa molto costruttivismo. Il tapis roulant è divertente sulla carta, ma da piccolo mi immaginavo dei nastri superveloci sui quali stare in equilibrio come surfers, invece così come son fatti qui sono di una noia mortale. Per prima cosa è obbligatorio entrare al Padiglione Satellite, che di solito è l'unica cosa interessante della Fiera. Questo permette a tutti, anche a quelli che in Fiera non ci sono stati, di atteggiarsi a "gente che sa", per cui ricordatevi o cari lettori rock che volete fare gli snob del design, statevene pure a casa e fare air guitar, ma se vi domandano com'era la Settimana del Mobile rispondete "faceva tutto cagare, ma al Padiglione Satellite ho visto un pò di cose interessanti". Se siete fortunati nessuno scende nel dettaglio perchè di solito non ci sono mai brand conosciute, e comunque sono centinaia tra piccole aziende e giovani designers, per cui chi se li ricorda?
Se proprio doveste scendere nei particolari ricordatevi che: i giovani designers sono poveri, per cui usano molto materiali riciclati, che il cartone in tutte le forme è un materiale trendissimo e che usare direttamente terra, prato e magari l'immondizia personale per fare design è molto apprezzabile.
A volte gli oggetti appariranno ostici, e vi sembrerà di essere Alberto Sordi nell'episodio "le vacanze intelligenti", ma consolatevi con la mia frase preferita di Gillo Dorfles: "non cercate di capire l'arte, l'architettura e il design contemporaneo, perchè essi sono incomprensibili" .
In effetti uno dovrebbe prendere le cose così, e osservarle come se fossero responsi degli oracoli: se ti colpiscono vuol dire che hanno smosso qualcosa del tuo inconscio che trascende alla funzione, senza che tu ti debba porre troppe domande.
Al Padiglione incrocio Stefano Giovannoni, con la sua aria da orso Yoghi depresso, che mi dice che ha visto cose interessanti. Strano, di solito trova tutto brutto. Sono spinto a riguardare le cose con maggiore attenzione, ma continuo a vedere anni '80 riciclati e filtrati dagli anni '90.
Dovrò andare in uno di quei centri dove cancellano la memoria, prima o poi.
Andiamo dai mobilieri veri, Knoll, De Padova , Driade, Kartell, Cappellini etc... se volete l'elenco scaricatevelo da Internet. All'ingresso dei bagni femminili trovo Patrizia Moroso, della dinastia Moroso, mobilificio di Udine. Patrizia è una simpatica persona informale, ci pigliamo un caffè e parliamo del nostro progetto di mobili per bambini. E' una specie di rituale: ne parliamo ogni anno , ma poi non troviamo mai il tempo per fare una mazza, evidentemente solo il pensarlo ci mette il cuore in pace, il che consente a me di dire in giro che in effetti sto progettando una linea di mobili per bambini per Moroso anche se non sto facendo un cazzo. Dopotutto non è una vera e propria bugia. I mobili li ho in testa, ma l'iter produttivo è troppo lungo, e vedere tutto 'sto design in giro ovunque inibisce non poco, c'è sempre da chiedersi quanto il mondo abbia bisogno di tutto ciò.
Torno verso casa e annego li miei pensieri populisti e qualunquisti nell'aperitivo al Mono, locale retrò ricavato da una vecchia torrefazione caffè, splendide piastrelle, ambiente vivibile fino alle 20, e se va bene ti becchi un sottofondo di colonne sonore spaziali vintage insieme a una compilation dei Joy Division e il primo disco dei Matia Bazar.
Davanti a casa mia qualcuno ha scaricato masserizie per il recupero rifiuti speciali dell'ATM.
C'è anche un enorme divano imbottito. Sta lì, riverso come un ippopotamo, ed è proprio uno splendido finale.