mercoledì 2 novembre 2016

La mia Lucca '50

Quante edizioni di Lucca ho fatto? A partire dalla numero 13 nel ’77 credo di avere saltato qualche edizione, ma sicuramente ne ho fatte più di una trentina. 
In questa edizione ero ospite del colosso Panini, per cui ho curato insieme ad Alberto Corradi e David Vecchiato l’antologia di XL, che contiene tutti i fumetti pubblicati in 10 anni dal supplemento di Repubblica. Fumetti realizzati appositamente per la rivista, personaggi inventati appositamente per la rivista. Idee, eventi, incontri, realizzati appositamente per la rivista. Il tutto orchestrato in gran parte grazie a David Vecchiato (Diavù). 




Quasi ad insaputa del gruppo editoriale l’Espresso si era creata una isola che non c’era nel panorama del fumetto italiano. In un mondo mainstream si riuscivano a pubblicare personaggi di autori underground e sicuramente non molto “carini” come Maicol e Mirco, Ratigher, Dr.Pira, e future star come Tuono Pettinato e ZeroCalcare. In 10 anni la rivista è stata un laboratorio, anche inconsapevole, di linguaggi, e allo stesso tempo una specie di versione aggiornata del Giorno dei Ragazzi degli anni ’70. A rivederli tutti insieme quei materiali ora mi rendo conto di quante idee e quanta libertà creativa avevamo (e dire che ci sentivamo così compressi da Repubblica!).
Grazie a Diego Malara, Stefania Simoncini e a Sara Mattioli alla fine, incredibilmente, il libro c’è. 



Dico che è incredibile perché provateci voi e recuperare da vecchi hard disk di 30 autori 420 pagine di materiali, telefonare a tutti, discutere, a volte anche incazzarsi, convincere di partecipare, far firmare le liberatorie etc etc. Non è stata una passeggiata. Fortuna che di questo bisogna darne atto ad Alberto Corradi, che si è fatto proprio un gran mazzo per coordinare il tutto e che se non c’era lui il libro non sarebbe mai andato in porto.



L’abbiamo presentato a Lucca, sono molto felice di come è venuto fuori, ho avvertito un moto di commozione anche nel direttore di XL Luca Valtorta, che ebbe l’idea di creare questa rivista e di metterci dentro David Vecchiato e di conseguenza tutti noi autori bravi ma mezzi matti e poco digeribili, e alla fine a far funzionare tutto con miracolosi equilibrismi.  Eravamo commossi, pure Valeria Rusconi, la compagna di Luca Valtorta e redattrice di XL che ha seguito da sempre tutte le vicende a corrente alternata della rivisitona aveva gli occhi lucidi quando ha visto il libro. 



Non è stato un successone questa presentazione, ma un successino insperato, perché non è mica facile di questi tempi vendere un libro che costa quasi 50€ e pesa più di un chilo e mezzo in formato XL, eppure abbiamo venduto, e tutti i colleghi e critici si rigiravano un po’con stupore  tra le mani questo nostro strano oggetto pieno di materiali intelligenti, davvero strano.
Abbiamo fatto un grande disegno allo stand Panini, dove tutti quelli che avevano partecipato al libro potevano disegnare, sono passati tra gli altri Stefano Zattera, Ivan Hurricane, Elena Rapa, Maicol, Onofrio Catacchio e anche qualche insospettabile supporter come Milo Manara.









In questa Lucca numero 50 non parlerò di quanta gente c’era (tanta), di quanti cosplayer c’erano (tanti), di quanti autori ubriachi c’erano fino alle 3 del mattino all’anfiteatro ovale (tanti), ma di due temi scottanti a caso, di cui praticamente tutti gli autori parlavano, a voce alta a mezza voce o che pensavano digrignando i denti:
1- Il passaggio dall’era Calcare all’era della stupidera. ZeroCalcare è definitivamente entrato nella storia del fumetto italiano, mentre si avvicinano autori come Sio, o Daw, o altri che fanno della scemenza e del disegno buttato via una specie di bandiera da esibire con orgoglio, e la cosa funziona. Molti autori seri e navigati sono orripilati da ciò. E’ un po’ come quando sei piccolo e ti viene la ridarella e non riesci a fermarti e i tuoi genitori ti dicono “ma che sei, scemo?”. Questa sensazione piace agli adolescenti e soprattutto ai bambini. Durante una serie di dediche decido anche io di farmi prendere dalla stupidera, e devo dire che è abbastanza liberatorio.




2- l’uomo che tutti amano odiare : Roberto Recchioni. Roberto non è molto amato nell’ambiente, e lo sa bene. Probabilmente è odiato profondamente da un sacco di gente che gli lecca pubblicamente il culo. A me non è antipatico, non lo è mai stato. Anzi con me è sempre stato incredibilmente gentile, parlando positivamente dei miei libri e perfino dei miei concerti. Secondo me sta facendo un lavoro strano in Bonelli, non so dire se la sta trasformando in meglio ma… prima del suo arrivo la Bonelli era diventata qualcosa di molto noioso con dei picchi di interesse e qualità altissima (Magnus, Cavazzano, Bonfatti, Napoleone, Manfredi). Recchioni ne sta svecchiando parecchio i vestiti, ha introdotto segni nuovi, un nuovo modo di lavorare. Un nuovo modo di pensare al futuro dell’azienda e capisco che questo gli stia creando molti nemici e moltissima pressione. In fondo ha uno spirito da ragazzino ed è alla guida di un giocattolo molto grosso. E’un uomo dalla penna urticante, ma credo che non se la prenderà troppo per questo disegnaccio nello stile “new wave del fumetto contemporaneo italiano anno '016 ” dalla battuta molto facile (immagino a scuola quante risate su di lui fin dall’asilo, eppure mica si è cambiato il cognome).



- infine tutti gli incontri felici: ritrovare Giorgio Cavazzano (grande gentleman del fumetto), fa sempre bene al buon umore, Laura Scarpa che mi ha incluso in una antologia molto bella, i due matti Nik Guerra e Cristina Simonelli che da anni continuano imperterriti uno a disegnare immagini fetish potentissime e l’altra a cucire e tagliare abiti dark desiderabilissimi. Poi le nuove conoscenze, gli autori di Anubi : Simone Angelini e Marco Taddeo sono la testimonianza che oltre alla stupidera c’è anche un altro tipo di fumetto futuro possibile, originale e per certi versi anche stupefacente.

Un’ultima cosa, su suggerimento anche di Alberto Corradi propongo che nella prossima edizione della kermesse lucchese venga realizzata la statua di un altro grande classico del fumetto a Lucca : Simon Panella Ubriaco. Una statua in vetroresina che ritragga Simon a faccia in giù spiaggiato in posizione a croce. Ha fatto la fortuna per anni dei venditori di alcoolici di tutta Lucca per cui se lo merita. Però non offritegli più da bere per favore, voglio vedere i disegni delle sue donnine ancora per molti, molti anni a venire…




domenica 7 febbraio 2016

The Revenant

The ReVeNant

Il mio problema con il cinema è che su certe cose sono forse un po’ troppo pignolo.
Se un film è dichiaratamente trash accetto ogni tipo di stronzata, anche se un film è mediamente trash, o anche se contiene un pizzico di trash.
Ma da un film apparentemente serio no.
In questo film Leonardo di Caprio dà una grande prova fisica, forse non attoriale, ma fisica di sicuro. Molti hanno detto che se con questo film Leo non prenderà l’Oscar non lo prenderà mai più, ma dopotutto per tre quarti di film striscia, rantola, ansima e tossisce e dico che se mi sbatti sulla neve e mi fai strisciare tra rocce alberi e sterpaglia per 10 minuti pure io rantolo ansimo e tossisco, e anche di più. 
Allora, premesso che su di Caprio si abbattono una serie di sfighe tali che in confronto Giobbe si divertiva in discoteca, e che le probabilità che una serie di sfighe di questo tipo si abbattano su un’unica persona sono molto basse, le due-tre cose che ho rilevato nel film e me ne hanno impedito la visione scevra da irritazione, perché continuavo a ripensare: “bello sì, ma questa è una stronzata che la mia mente non tollera”, non dipendono molto da ciò.
Vi prego, se avete intenzione di vedervi il film senza sapere nulla, non continuate a leggere perché le seguenti righe contengono diverse anticipazioni che forse non volete sapere.
Inizialmente Di Caprio, insieme al figlio pellerossa e un manipolo di cacciatori di pellame sono in fuga da un gruppo di pellerossa ladri che hanno ammazzato metà dei pellicciai per rubare le pelli e rivenderle a un gruppo di cacciatori di pelle francesi e stronzi che non hanno voglia di faticare 6 mesi ma vogliono tutto pronto e imballato per poterlo pagare una pipa di tabacco agli indiani. I francesi parlano in francese tra di loro, e non sanno parlare le lingue indiane.
Voi vi chiederete...Estiqatsi ? 
Attenzione, è un particolare importante che capirete poi.
Dopo che Di Caprio è stato aggredito e mezzo maciullato da un orso, visto che non sembra guarire in mezza giornata gli amici per la pelle lo abbandonano da solo e lui se la deve cavare.


Nel frattempo gli viene ammazzato il figlio davanti agli occhi da un pellicciaio più pragmatico degli altri e questo fa sì che almeno Di Caprio non si lasci morire, ma che mediti vendetta tremenda vendetta. 
Altrimenti il film sarebbe finito qui. 
Appena da solo, Di Caprio si rianima quel tanto che basta per strisciare per mezz’ora nella foresta, e dopo un bel numero di grugniti e rantoli raggiungere uno spuntone a picco su un fiume.
Primo piano di DiCaprio che guarda il fiume, molto lontano. Stacco.
2 secondi dopo lo vediamo con la faccia immersa nel fiume che si abbevera e riempie la borraccia.
????? 
Premesso che visto il suo stato di salute e quanto tempo ci aveva messo a trascinarsi per la foresta, per arrivare al fiume ci avrebbe messo un paio di giorni (e non ci sarebbe mai arrivato vivo), mi vuoi spiegare o tu Inarritu di barba vestitu come cazzo ha fatto?
Magari potevi aggiungere una decina di secondi in cui si vedeva un sentiero e Di Caprio che scendeva al fiume rotolando e rantolando. 
Improbabile, ma non totalmente impossibile.
Vabbene, tiriamo avanti, e cataloghiamo questa scena del crimine come “Stronzata numero 1”.
Passiamo alla Stronzata numero 2-3 (questa è più articolata). 
Di Caprio si riprende un pochino, e rantolando e zoppicando comincia il lungo percorso per raggiungere il fortino, dove si nasconde colui che gli ha ucciso il figlio. Nel frattempo nevica, piove e Leo rischia costantemente la morte per assideramento, per fame e per mano degli allegri indiani che continuano a stargli addosso.
Durante la sua faticosa marcia incontra un indiano triste e solitario, il quale decide, con una ceta ritrosia (avrà pensato “ma che niente niente questo tizio magari porta sfiga?”) di farlo salire a cavallo e di curargli le ferite. A un certo punto l’indiano si accorge che sta per arrivare un tempesta e si trasforma in Mr. Bricolage: in un lampo taglia alberi, riesce a trovare legna asciutta e in mezz'ora costruisce una capanna solidissima, ci accende dentro un bel fuocherello e ci sbatte dentro di Caprio rantolante e febbricitante, al riparo. 
L’indiano invece decide di star fuori per ragioni a me ignote.
Al mattino, dopo una bella sudata e un’aspirina, di Caprio si sveglia, esce dalla capanna e starebbe anche benino, se non trovasse come sorpresina l’indiano appeso a un albero, impiccato a pochi metri da lì.
Ma che caz? Cosa è successo?
Eeeeeh, sono stati i francesi stronzi che hanno incrociato l’indiano e l’hanno impiccato su due piedi.
Eh si sa, il viaggio è lungo, le distrazioni scarseggiano e un indiano che se ne sta pacifico fuori all’aperto non si trova facilmente, per cui non si potevano lasciare sfuggire questa occasione.
Naturalmente non hanno nemmeno fatto caso a quella strana capanna da cui esce un filo di fumo, a dieci metri dall’indiano.
Sono pure riusciti ad appendere al collo dell’indiano impiccato un cartello con su scritto, in francese, “siamo tutti selvaggi”.
Eh?
Non ha importanza che all’epoca buona parte dei cacciatori fosse analfabeta.
Non ha importanza che non ci fosse altra anima viva nel raggio di diecimila chilometri (a parte gli indiani che notoriamente sanno leggere e scrivere in perfetto francese), per cui non c'è alcun motivo di scrivere un cartello a monito del nulla.
MA
Stendiamo delle ipotesi a macchia di Leonardo, ehm, leopardo. .
1- “Hey, c’è di Caprio nelle vicinanze, scriviamolo in francese, così cerca di capire cosa cazzo significa".
2- “Haha dai, ammazziamogli l’indiano, sai che faccia fa quando esce!”. 
3- Tutti i cacciatori francesi sono guerci dell’occhio destro, e la loro visione periferica non ha potuto notare così la capanna dove dormiva (rantolando) Leonardo di Caprio.
Da questo punto in poi del film ho messo il pilota automatico e me lo sono visto fino alla fine senza prenderlo troppo sul serio.
Ad ogni modo ci sono delle riprese pazzesche, un montaggio serratissimo e la natura è incredibile.

Ecco.