giovedì 20 dicembre 2012

L'Eremita


L'Eremita

Un giorno mi scrive Marco Corona e mi chiede di disegnare un racconto breve per un suo progetto, una serie di storie collegate alle figure degli Arcani Maggiori dei Tarocchi. 
Le sceneggiature sono state scritte da vari autori, tra cui (una persona che non nominerò, e poi capirete perché).
I racconti di (persona che non nominerò), sono molto belli, e originali, e vengo colpito da una sceneggiatura in particolare, legata alla figura dell'Eremita. Decido di disegnare quella.
La sceneggiatura di (innominabile), è molto interessante: in pratica la storia si sviluppa su due piani, un piano narrativo quasi classico, con una storia muta con sorpresa finale, e una specie di poesia-litania che costituisce una sorta di flusso di pensiero, un borbottio aulico che ritma la storia, che può però anche essere letto indipendentemente,  come una specie di noise collegato con il protagonista della storia, come se un malato di mente stesse borbottandoo in un angolo da solo, poi se ci  avvicinassimo ad ascoltare il suo bisbiglio ci accorgeremmo che sta parlando di noi. 
La storia è piena di elementi grotteschi e abbastanza pornografici, anche se allo stesso tempo non è pensata per eccitare sessualmente. 
Per le varie ragioni che regolano il mondo editoriale indie il progetto non andò in porto, per cui mi ritrovai con una storia che pubblicai prima su Blue (Ferruccio Giromini la lesse dandone la seguente recensione a voce:  "machecaz?"), poi la misi sul web in un sito curato da Sandro Staffa e David Vecchiato che inseriva vari materiali creativi .
A questo punto un piccolo dramma si consuma. 
Mi scrive lo sceneggiatore (che non nominerò) chiedendomi di togliere la storia dal sito.
Sulle prime penso che sia arrabbiato con me per qualche ragione a me ignota, poi mi spiega che ora è insegnante in un college americano, e che se gli studenti  curiosi andassero a fare una ricerca su di lui in Internet scoprendo quel materiale lui potrebbe rischiare il posto, visto che gli americani sono molto rigidi sulla moralità degli insegnanti (bah!). Ah l'America, patria della libertà di espressione! Puoi scrivere quello che vuoi, ma se non mi piace ti licenzio (d'altra parte anche questa è la mia libertà di espressione).
Qui c'è la storia, ma ho dovuto cancellare il nome dello sceneggiatore, cosa strana in questi tempi di sciagurato protagonismo e di persone che ti citano se non li citi a dovere.
Non scervellatevi a cercare di capire chi è, non è famoso nel mondo del fumetto, però secondo me è un peccato, perché è un genio. Tuttora trovo il testo (se avete la pazienza e gli occhi aguzzi per leggerlo), semplicemente bellissimo. 









martedì 6 novembre 2012

Arty Party

Questa breve storia a fumetti ha fatto veramente un sacco di strada.
Non perché sia diventata famosa, ma perché ha avuto un sacco di vicissitudini. Tra i miei amici è diventata quasi leggendaria, perché ho rotto le scatole a tutti raccontandone la trama.
In realtà tutto nasce da una festa di compleanno di un noto artista che vive a Milano (vediamo se siete bravi a indovinare chi è), all'interno della storia fanno da attori vari amici. Sottolineo il fatto che fanno da attori perché ci tengo a rimarcare che la storia mette insieme fatti veri e finzione, il tutto mi serviva per portare a casa i soldi della collaborazione della Lettura, che ad ogni modo alla fine ha deciso di non pubblicarla. Troppe parolacce. E poi sa, i nostri lettori sono molto sensibili alle battute sui nazisti e gli ebrei (?). Beh leggetela e controllate voi se le parolacce son troppe e quanto pesanti possono essere i riferimenti a nazisti ed ebrei.
In seconda battuta ho provato a piazzarla al Male, ma Il Male non sembrava interessato.
Allora mi arriva una mail di Sparagna, che mi chiede se ho qualcosa per il numero di Frigidaire che uscirà per Lucca Comics. Perso per perso mi dico, diamogliela. Due giorni dopo mi scrive il Male: ci manderesti i files di stampa della storia di due pagine? Merda.
Disegnare fumetti è proprio bello. In più mi sa che quelli che leggeranno la storia e si riconosceranno non saranno nemmeno molto contenti. Insomma, un successone.





domenica 28 ottobre 2012

Paz



Ogni tanto mi domandano:
_" ma tu che l'hai conosciuto bene, come era Andrea Pazienza?-"
Per prima cosa non l'ho conosciuto bene, e non mi va di millantare grandi amicizie quando in realtà si è trattato di incontri episodici, poi è una domanda a cui è difficile rispondere, soprattutto adesso.
Andrea è morto che aveva poco più di 30 anni, ai miei occhi oggi poco più di un ragazzino. Eppure la sua statura di artista ancora oggi sovrasta, le sue storie fanno ancora ridere, pensare, immalinconire. 
Io a 16 anni copiavo il suo modo di disegnare, la sua tecnica delle conversazioni-monologhi ad una vignetta per la satira, perfino la sua tecnica di colorazione. Poi negli anni '80 ho avuto una crisi di rigetto, perché bisognava rinnegare la generazione di Cannibale che ci aveva cresciuti.  Negli anni '80 eravamo tutti più cool, e il lavoro di Andrea era troppo carnale per un giovane geometrico quale ero. In sostanza poi la mia generazione non gli perdonava di buttar via il suo talento e l'amicizia con quaqquaraquà come Vincenzo Mollica. Adesso, a rivedere il suo lavoro, butterei via tutte le mie cose degli anni '80 per del Penthotal. Di lui, personalmente, mi resta una manciata di ricordi, quelli che se avete tempo potete leggere qui di seguito (pubblicati anni fa sulla rivista XL) .





domenica 14 ottobre 2012

Bassi Istinti


Un giorno , stanco di dovermi sorbire dagli studenti del mio corso di fumetto pippe autoreferenziali e storie brevi con pretese poetiche e filosofiche decido di tentare un esperimento. 
Ogni studente sarà costretto a scrivere e a disegnare una storia di otto pagine contenente delle parole scelte a caso dal vocabolario. Non devono seguire necessariamente la sequenza con cui sono state scelte, e possono anche comparire sotto forma di immagini, devono però far parte integrante della storia, e non possono essere solo un elemento decorativo. Allora, scegliamo le parole nel seguente modo: bendiamo uno studente, gli facciamo aprire un vocabolario e puntare il dito su una riga (naturalmente viene scelto, una volta eliminati verbi, aggettivi, articoli etc…il sostantivo che si avvicina di più al dito dello studente). 
Otteniamo il seguente risultato:
NANO, APPARECCHIO PER I DENTI, POLENTA, SCIMMIA, VOODOO, SPILLA DA BALIA, TESTOSTERONE, OSPEDALE PSICHIATRICO, ITALIA MERIDIONALE, CINEMA, SINGHIOZZO, ALLUCE, CATRAME.
Per dimostrare che non si tratta di un'impresa disperata e impossibile mentre gli studenti producono la loro opera, anch'io realizzerò una storia di 8 pagine.
Sta a voi lettori adesso rintracciare dove e come sono state utilizzate le parole in questione.
Ne è venuta fuori una storia breve che consegno a Igort per Black, rivista della Coconino editore di cui lui è direttore editoriale. 
"il disegno è buono, ma la storia è davvero assurda! Ma come ti è venuta in mente una roba così, da scocomerati!". 
Caro Igort, ora lo sai.











martedì 11 settembre 2012

Fumettisti fashionisti

Nel 1984 venni chiamato in Condè Nast per un servizio di moda. Praticamente c'eravamo tutti, non farò l'elenco perchè altrimenti vi rovino la sorpresa, dato che ci vedete in galleria. Era un periodo in cui, per strane ragioni storico-culturali i media pensavano che fare fumetti fosse una cosa molto hype, per cui ci trovammo tutti alla sede di Vogue dove potevamo sceglierci dei vestiti che ritenevamo consoni alla nostra sensibilità. In più poi ci potevamo portare a casa un paio di cose. Io da vero cretino mi portai via le All Star e un cappellino, che usai per molti anni a venire, fino a farli marcire ambedue. Andrea Pazienza si era portato dietro un coniglietto nero che scagazzò un pò dappertutto, ciononostante, ovviamente,  era adorato dalle ragazze della redazione di Per Lui, la rivista per cui venimmo fotografati. Massimo Mattioli si era portato dietro una maglietta con gli scarafaggi e volle indossarla a tutti i costi, io avevo una pistola spaziale di latta.
Alcuni di noi dopo tutti questi anni sono cambiati molto, altri non più di tanto, sta ai lettori fare i confronti. Alcuni di noi non fanno più fumetti (Josa Ghini, Jori, Carpinteri), alcuni di noi sono diventati delle star del comic mondiale (Mattotti, Igort), alcuni lo erano già (Manara), alcuni sono sopravvissuti.
Alcuni non ci sono più.
Poi uno può fare un po' di retorica e dire, guardate quelle facce, come erano giovani, e quante speranze...Veramente allora mi sentivo precario e angosciato dal futuro come e quanto oggi.
Un'unica domanda: qualcuno sa che fine ha fatto Nicola Corona? Due anni dopo questo servizio di lui non si sapeva già più nulla, un vero mistero che forse qualcuno mi può aiutare a risolvere.














venerdì 7 settembre 2012

Cinema Roma

Un pò di anni fa pubblicai questa breve storia di otto pagine su "Blue". In realtà era stata inizialmente concepita per la rivista "ORME", diretta da Silvano Mezzavilla, e che purtroppo pubblicò solo pochi numeri. Le vicissitudini di Massimiliano si intrecciano con i miei ricordi, poi, come al solito la realtà si sovrappone alla finzione e quanto di me ci sia in Massimiliano non lo confesserò mai. Però il famigerato Cinema Roma, esisteva veramente a Padova, e oltre ad essere il cinema in cui da sempre si proiettavano i "filmacci" ( dagli horror ai decamerotici ai vietati ai 18, molto, molto prima dei cinema a luci rosse), era considerato il luogo dove tra gli spettatori si annidava la feccia di ogni tipo. Mi rimane ancora la malinconia e il dispiacere per non esserci mai entrato.










venerdì 31 agosto 2012

...


questo post di oggi non ha titolo, perché è difficile dare un titolo quando qualcuno se ne va. 
E' morto Antonio Sorrentino, artista degli UltraPop, il mio preferito del gruppo, e non se ne abbiano a male gli altri validi 3, Giordano (Curreri), Sandra (Virlinzi), Dario (Arcidiacono). 
Certo si può pensare che son cose che si dicono dopo, ma ho sempre apprezzato il suo approccio Pop-concettuale , la sua pennellata precisa, i suoi colori. 
Era malato da qualche anno di una malattia improvvisa, che aveva affrontato con dignità e grande spirito, vorrei dire ironico, ma suona male. 
C'è chi dice che morire è staccare la spina: semplicemente non ci sei più. 
Se è vero è proprio per questo che quel che resta alla fine sono le cose prodotte. 
Chi ha un pezzo, un disegno, un manufatto di Antonio se lo tenga stretto, è un oggetto speciale, realizzato da una persona speciale. 
Magari qualche galleria illuminata farà un bel catalogo, con una mostra antologica. Beh, compratelo assolutamente, le sue mani e il suo cervello rivivranno attraverso i vostri occhi.
Mi ricordo che ci accomunava il fatto di avere acquistato un Nintendo Game Cube unicamente per giocare a Resident Evil.
Lo so, è un ricordo futile e stupido, ma alla fine sono questi ricordi stupidi che rendono la vita più tenera.



martedì 28 agosto 2012

My Way

3 mesi fa scrivevo questo breve testo, una specie di riassunto della mia vita in breve.
Ero molto depresso, e francamente non sapevo cosa sarebbe successo poi. Oggi ho definitivamente smantellato l'appartamento di Milano, Il futuro resta incerto, ma sono ancora vivo, per la cronaca si può sopravvivere anche lontano da Milano (anche se non sono andato via, il mio spettro si aggirerà ancora negli anni a venire). 




Quest' anno ho compiuto 51 anni. Da 33 disegno da professionista in diversi campi della creatività. Fumetto, illustrazione, design, arte, animazione, web design. Non mi sono fatto mancare nulla.
In più ho suonato in 3 band diverse, l'ultima delle quali (Massimo Giacon & The Blass), è ancora in attività, anche se non abbiamo mai fatto un disco, visto che le case discografiche sono carne morta e che i cd stanno diventando obsoleti. Volevamo fare un vinile, un 16 pollici, come le vecchie bande rockabilly. Avevo anche fatto la copertina, avevamo composto i pezzi, poi tutto si è perso nei mille rivoli delle cose che faccio. Faccio troppe cose contemporaneamente. 
Il 19 Maggio abbiamo fatto il nostro ultimo concerto allo Zoom, con contorno di puttane russe che ci han chiesto di dedicare un pezzo alla loro amica Ana e una rissa finale con dei marocchini fuori dal locale. In realtà la rissa l'abbiamo vista, non abbiamo partecipato perché siamo troppo timidi e poco aggressivi. Diego, il bassista, e Fabio, il batterista, sono pure più timidi di me, che nascondo la timidezza facendo le troppe cose di cui sopra.
Oggi, dopo 25 anni, ho preso la decisione di andarmene da Milano.
Non sono uno di quegli snob che se ne va perché "questa città non ha più niente da dire", le città la dicono sempre più lunga di te. Me ne vado banalmente perché non riesco più a mantenermi qui. 
Mi rendo conto che ho vissuto al di sopra delle mie possibilità fino ad ora, sperando sempre che prima o poi sarei diventato sufficientemente ricco, ma non siamo in televisione, ed evidentemente non ho trovato la strada giusta per fare i soldi soldosi. Eppure ne ho fatte di cose, ma non farò l'elenco ormai frusto che si addice più al replicante di Blade Runner che a me. 
Mi accorgo di non essere troppo speciale, sono un supereroe con un potere inutile. 
Questo è stato il tema di una delle mie ultime performances in una galleria d'arte, dove mi sono vestito da supereroe con una tovaglia da cucina per mantello, una maglietta di Superman comprata da non me lo ricordo (ho pure vuoti di memoria) e i pantaloni del pigiama. 
Davanti a me ho messo un cappello e un cartello "Ho Fame, e un superpotere inutile, fate la carità".
Ho raccolto 8 € (un pasto da MacDonald), la gente si è divertita. 
Il mio superpotere consiste nel disegnare contemporaneamente con due mani la stessa cosa, ma speculare. Ve l'avevo detto che è un superpotere inutile.
Ho da poco iniziato a pagare il mutuo di casa, a Padova, che è la mia città di origine, da cui sono fuggito quando avevo 24 anni e mia madre si era ammalata di tumore alle ovaie, le cose non sono state conseguenti, anzi, ho fatto il possibile per starle vicino e dare una mano a mio padre, anche dopo che lei è morta.
Lui poi è stato colpito da sindrome ansioso-depressiva bipolare, cosa che si è portato dietro per altri 20 anni fino alla tomba. Per un po' per me è stato un ottimo capro espiatorio per il mio mancato raggiungimento del successo planetario, ma dopo la sua morte non è che sono diventato the king of art.
Io sono andato avanti e indietro tra Padova e Milano in tutti questi anni, anche perché da 22 anni sto con Nicoletta,  amore che ho conosciuto a scuola, e che con me e come me ne ha passate tante. Ora siamo nella nostra bella casa, anche se più che "nostra" dovrei dire che siamo nella casa di una banca, che ci permette di stare qui finchè paghiamo . 
In un momento di euforia abbiamo deciso di comprarla, e proprio quando abbiamo finito i soldi della ristrutturazione abbiamo cominciato a pagare un mutuo che si potrebbe definire con un eufemismo "interessante".  
Ho lavoro, un'azienda grossa di design mi fa disegnare degli oggetti inutili che forse questo Natale nessuno comprerà, poi ho in ballo un'altra decina di cose che sono sempre avvolte nelle nebbie del futuro, nelle nebbie dei pagamenti che ritarderanno e dei progetti che forse andranno in porto e forse no. So già che non basta.
Le tasse mi strangoleranno quest'anno, l'anno scorso ho fatturato bene, peccato però che quest'anno non ho fatturato quasi un cazzo, per cui con cosa le pagherò? E in più ho messo tutti i soldi nella casa.
Nel mondo parallelo dei miei amici di Twitter e di Facebook vengo percepito come uno molto fortunato, che ha fatto un pochino la storia del fumetto in Italia e un pochino la storia della musica new wave, e un pochino della storia dell'arte new pop, e un pochino della storia del design ludico. Chissà perché allora mi sento così miserabile? 
Ho molta paura, ma sono stato tutto sommato un bambino quasi felice fino adesso, e forse è quanto basta.










giovedì 26 luglio 2012

Ehi Patty

E' da un pò di settimane che Patty Smith è in giro per l'Italia, e oltre ai concerti e ai readings, fa un po' di tutto: balla con bambine di 7 anni, restaura antichi affreschi, cammina sulle acque, resuscita i morti, tutte cose belle... Ma come è stato il suo primo concerto in Italia, nel lontano 1979 ?
Più o meno così.


Sono al concerto di Patty Smith, a Bologna.
L'Italia è a digiuno di concerti rock americani da qualche anno. 
Verso la fine degli anni '70 Lou Reed e Santana ( evidentemente non nello stesso concerto), sono stati salutati a colpi di lacrimogeni e sfondamenti (se lo ricordano ancora adesso). 
Da allora nessun gruppo straniero ha più voluto venire  a suonare in Italia. 
Adesso la musica è cambiata, e Patty Smith suonerà in Italia.
Lei non ha paura, e c'è grande attesa. 
la musica è cambiata.
Patty è già stata catalogata come "la sacerdotessa " ( ma anche la "poetessa") del rock. 
Sanguineti, sulle pagine dell'"Espresso", stigmatizza e critica i contenuti poetici della neodiva: il suo frullato di RimbaudPasoliniJimMorrison e tare cattoliche suscita perplessità, "- è un'americana grezza, ingenua e primitiva-".
I giovani vawers italiani sono divisi.
Una fazione l'adora, piacciono le sue radici con Dylan, gli Stones e i Byrds conditi in salsa elettrica. 
L'altra fazione è ostile, Patty ha da poco scritto una canzone per Giovanni Paolo primo, uno dei papati più brevi della storia. Patty usa toni mistici e romantici, un pò fuori luogo in questo mondo di scafati post punk che considerano il papa una servo del potere, in questo caso pure un tantino idiota. 
In più non le perdonano le sue radici con Dylan, gli Stones e i Byrds. 
Siamo nello stadio di Bologna dalle 4.30 del pomeriggio, è settembre e ci sediamo sull'erba ad aspettare l'evento storico.
Qualcuno ha stampato dei santini con l'immagine di Patty, sopra hanno scritto "attenzione alla puttana santa". 
E' un periodo in cui Fassbinder va forte nei cineclub.
Io, da bravo boy scout, mi sono portato da casa i panini e la macchina fotografica.
Alle 21.30 sulle note della sua versione di "So you want to be a rockn'roll star" dei Byrds ( ancora loro), arriva lei.
Ha una maglietta a righe e le tette floscie.
Tutti si alzano nelle prime file, e quelli che stanno dietro cominciano ad urlare  e a lanciare zolle di terra, non riescono a vedere niente. Non sarà un concerto pacifico, metà degli spettatori paganti passeranno il tempo a litigare tra di loro.
Forse dagli spalti si riesce a vedere qualcosa, ma sul prato è un macello di urla e terriccio smosso.
Patty Smith a un certo punto attacca con la lagna poetica su Giovanni Paolo Unico, e parte un bel coro di fischiazzi.
Lei è americana, ed è perplessa, non capisce. Per lei  il papa è un personaggio dell'immaginario collettivo, un'incrocio tra Mickey Mouse e un saggio monaco zen tratto da un film di kung fu.
Per il popolo rokenròl invece è un rompicoglioni opprimente. 
Dopo un pò di canzoni e qualche clarinettata stonata si passa al bis, che comprende una versione di "My Generation" con contorno di corde di chitarra strapazzate, poi tutto finisce.
Lo stadio sembra che sia stato arato, pronto per la semina, dalle zolle spuntano dei santini di Patty, forse germoglieranno giorni migliori.
Gli anni di piombo sono quasi alle spalle, davanti a noi ci sono anni di Righeira e abiti Armani dalle spalle imbottite. 
Quando a casa svilupperò le foto del concerto ci sarà solo una foto decente di Patty Smith: è di profilo, i capelli sulla faccia, una sagoma  magra che suona il clarino. 




martedì 17 luglio 2012

Paid Leave


Paid Leave

l'anno scorso sono stato contattato dal festival di Angoulème per una mostra sull'Europa e i giovani.
Esisteva un personaggio principale, una protagonista femminile, (inventata dall'autore di Monsieur Jan Philippe Dupuy), che si spostava per l'Europa facendosi ospitare sul divano dagli amici, che lavorava in una pizzeria in Francia (ohibò), che era curiosa e appassionata d'arte, architettura e cultura (per cui un personaggio di assoluta fantasia, diciamo fantascienza). Vennero contattati moltissimi autori da tutta Europa , e ognuno dovette affrontare un tema specifico. Il tema assegnatomi era Paid Leave, ovvero Ferie Pagate, tema quantomai lontano dalla mia esperienza… Le ferie pagate… E chi mai le ha fatte?
Ad ogni modo ho cercato di risolverla così, in maniera un po' tenera e in maniera un po' acida, l'anno scorso poi c'era anche la Biennale di Veneza, per cui perché no? Ho fatto fare alla protagonista una visita anche lì. Siamo a metà Luglio, siamo in estate, c'è chi è già in vacanza, per cui signora maestra per questa volta non sono andato fuori tema, e beati voi che avete il paid leave, e un abbraccio a tutti quelli che se lo sognano.







venerdì 30 marzo 2012

Una serata come tante, a Milano


Come ogni tanto capita, chiamano la mia band (Massimo Giacon & The Blass ovvero io, Fabio, Diego e la pin up  Micol), per suonare a un'inaugurazione di una serata per la presentazione di una rivista d'arte (Kritika). Non che non avessimo niente altro da fare, ma alla fine siamo sensibili alle lusinghe e abbiamo accettato. 
Sono seguite le giornate delle prove, il solito rito dello smontaggio e rimontaggio della strumentazione. Questa volta abbiamo provveduto anche all'amplificazione, con le solite fatiche relative al trasporto di tutto con una sola macchina (quella di quel santo di Fabio Bozzetto, che suona la batteria). 
Il locale è bello, spazioso, anche troppo fighetto per i miei gusti, cerchiamo di risolvere alla meno peggio il problema di suono, visto che rimbombano anche le scorreggie, ma in qualche modo riusciamo a mettere in piedi un set con un'acustica decente.
Non c'è molta gente, non sembra proprio un vernissage delle grandi occasioni, è zona Corso Como, ed è anche presto, in genere il nostro pubblico arriva verso la mezzanotte, mentre qui dovremmo suonare verso le 19.30. Comunque qualcuno arriva, qualcuno se ne va, visto che alle 20 non c'è ancora niente da bere.
Alle 20.10 arriva della piss beer a temperatura ambiente.
Alle 20.30 cominciamo a suonare, il pubblico è venuto più che altro per noi. Non è tanto, ma oltre ai nostri amici fedeli c'è gente simpatica, per cui partiamo di buonumore con la nostra scaletta. Tutto regolare, il pubblico si scalda, io in questa settimana sono dimagrito di 4 chili per cui faccio meno schifo del solito, al quarto brano abbiamo la situazione in pugno. All'inizio del quinto brano in scaletta noto il critico nonché direttore di Kritika (scusate il repeat), che fa grandi cenni di smettere.

foto di Giovanni Piazzalunga

Io non capisco e tiro avanti, seguono i nostri brani classici, Voodoo e Merendine. A metà di Merendine il critico aumenta la sua gestualità, pregandoci di smettere, io penso che sia successo qualcosa, del tipo sono arrivati i vigili (eppure suonavamo a volume abbastanza moderato), oppure a un malore in sala. 
Chiedo se c'è qualche problema, ma non ci viene data spiegazione, una tipa che non ho mai visto prima ci guarda con aria incazzata e severa. Chiedo se almeno possiamo terminare il concerto con un brano e lei sibila qualcosa "sì, ma fuori di qui".
Per il resto della serata mi chiederò cosa abbiamo fatto di male, in fondo è il nostro solito concerto un po' ingenuo e un po' da spettacolo per bambini cattivi, condito da giocattoli, punk-new wave-cabaret-avangarde (lo so, è difficile etichettare quel che facciamo, non ci riesco nemmeno io), con Micol che balla felice e io che faccio il divo del rock un po' andato via con la testa a causa dell'età.
Alla fine capisco che il nostro concerto è stato bloccato poichè la tenutaria del bordello, pardon, studio di architettura, che ospita la serata non gradisce la nostra musica.
"non eravamo preparati a questo spettacolo e alla vocalità del signore e poi questo è uno studio di architettura". Cazzo. Questo l'aggiungo io a puro titolo gratuito.
Sono cose che tutti adorano sentire. A parte il fatto che la scusa sullo studio di architettura la trovo molto originale, potrei obbiettare che abbiamo suonato già in Triennale, il nostro video è andato alla Biennale, e che Mendini e Sottsass, con cui ho lavorato, si sono sempre divertiti con le mie performance musicali, ma non è il caso di insistere, mi sembra. 
In silenzio, e tra i mugugni del pubblico che (prima) se la stava spassando, smontiamo il tutto, nel frattempo mi chiedo chi me lo faccia fare di sopportare queste fatiche e queste umiliazioni a 50 anni passati, ma in fondo sono contento, trovare qualcuno che si scandalizza e reagisce in maniera così palesemente ostile è davvero difficile al giorno d'oggi. 
Ci siamo trovati di fronte a un palese caso di mancanza di comunicazione tra chi organizza l'evento e chi lo ospita.
Uno degli spettatori confessa a Diego (il bassista) che è arrivato oggi a Milano dopo un paio di anni a Londra, e che vedere questa situazione gli ha già fatto voglia di tornare in Inghilterra.
Alle 21.30 siamo già in strada, lo studio d'architettura chiude frettolosamente le saracinesche, io sfilo quel che c'è nel portafoglio a titolo di rimborso al critico di Kritica, che poveretto ci ha coinvolto nella serata di cui era ospite con la rivista, E' molto imbarazzato ed è in una posizione di difesa che lo fa somigliare a un paguro.
Non ho voglia di infierire ulteriormente, mi sembra già abbastanza provato, ha già litigato con gli architetti, con le tipe che hanno organizzanto l'evento e insomma ha esaurito anche le parole di disappunto.
Micol è già andata, ha un sacco di lavoro arretrato e va a scrivere sui Navigli, è stata gentile e disponibile come sempre, ma evidentemente anche per lei tutto ha un limite.
Noi e i nostri amici andiamo a mangiare in una pizzeria-bettola incastonata in zona Corso Como, che sopravvive tra il mignottame dell'Hollywood, nel quartiere monopolizzato da Fabrizio Corona da una parte e le sorelle Sozzani dall'altra. Stranamente non siamo depressi, anche perché che cazzo centravamo noi in quel contesto?
Si dirà che è una magra consolazione, ma al momento ci basta, certo potevamo fare casino e scatenare una rissa, ma a differenza di quel che si può pensare vedendoci, siamo persone educate e gentili, il che a quanto pare non serve a niente.
Come diceva un tempo Freak Antoni "non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti", ma in realtà non c'è nemmeno gusto ad essere "stupidi". 

foto di Josè Sala



venerdì 23 marzo 2012

He is coming out...

... E intanto si preparano concerti, si impaginano cataloghi, si preparano mostre, si cerca di esser pagati, si fanno i conti, si decorano tavoli, si dipingono mobili... Tutto nella preparazione di cose, oggetti ed eventi inutili che devono essere pronti per il Salone del Mobile a Milano. Lui intanto sta per uscire...