Freak, freak, freak.
Ciao Roberto, lo sai che non avevo mai amato quel freak tra nome e cognome e non te l'avevo mai detto?
Mi sembrava un retaggio di un periodo da archiviare, un periodo che in fondo era anche il mio periodo fricchettone, ma certo negli anni ottanta non si poteva ricordare, era così demodè.
Ti conoscevo perché gli Skiantos mi avevano insegnato già nei tardi anni '70 che si poteva salire su un palco e atteggiarsi a rockstar dei poveri senza saper fare musicalmente niente di niente, eppure raccogliendo lo stesso in egual misura fischi ed applausi.
A volte, nei concerti dell'Autonomia Operaia padovana salivo sui palchi a sorpresa e disturbavo i concerti di cantautori deprimenti e gruppi folk di Pomigliano d'Arco con la mia versione sgangherata di "Largo all'Avanguardia".
Un giorno presi il treno, ed andai a Bologna per conoscerti.
Non sapevo dove abitavi, avevo solo l'indirizzo della Harpo's Records, l'etichetta indipendente che sarebbe diventata l'Italian Records, e che aveva pubblicato il primo disco degli Skiantos.
Mi accolsero in maniera informale, e mi dissero che se volevo conoscerti bastava che me ne stessi lì, seduto da qualche parte senza disturbare, e che prima o poi saresti passato. E passasti.
Una volta arrivato sembravi incuriosito da questo ragazzino di Padova, che faceva dei disegnini ispirati ai gruppi demenziali bolognesi... Io ero assai impacciato, ma mi lasciasti mostrare i miei brufolosi sgorbietti e mi raccontasti in maniera rocambolesca come erano nati gli Skiantos.
A questo punto i miei viaggi Padova -Bologna divennero costanti, e quelli della Harpo's si abituarono alla mia presenza, anche se non capivano bene che cosa ci facessi lì.
Con grande tempismo mi misi a disegnare una biografia a fumetti degli Skiantos, supervisionata da te, proprio quando tu decidesti di andartene via dal gruppo e iniziare un percorso da solista.
Per un po' non frequentai Bologna, misi in piedi la mia scalcinata band, gli Spirocheta Pergoli, e Vittore e Piermario mi coinvolsero in Trax, il loro network artistico. Tutto ciò mi teneva occupato un bel po'.
Continuavamo a scriverci, ti incontravo ai grandi concertoni bolognesi, I Clash, I Devo.
Il mio stile cambiò.
Il mio stile cambiò.
Un giorno ti scrissi una lettera, in risposta a una tua cartolina in cui mi chiedevi, ad ogni modo, come stavo. Avevo siglato la mia lettera con un pupazzone, disegnato con i Pantone, e tu telefonasti a casa dei miei: "il tuo pupazzo mi ha fatto molto ridere, forse ho del lavoro per te".
Si trattava di disegnare il manifesto per la tournée di Beppe Starnazza e i Vortici, e il primo 45 giri della band, che proponeva versioni futuribili di brani di autori che tu definivi "protodemenziali", come Petrolini, Natalino Otto, Carosone.
Andai a Milano alla CGD, con il mio manifesto, ma quel giorno dovevo vedere anche quelli della cooperativa Storiestrisce, che gestiva lo scouting di giovani autori per Linus e per Alter.
Ricordo che era una giornata di sole e di maggio, e io con i miei rotoli da disegno e una tosse asinina mi presentai a Milano.
Quelli di Storiestrisce erano perplessi vedendo i miei primi acidi fumetti, ma quando videro i disegni di Beppe Starnazza ebbero un'illuminazione : "perché non disegni delle brevi storie di Beppe Starnazza per Linus? Chiedi a Roberto se le vuole scrivere…"
E così cominciò la mia carriera ufficiale nel mondo del fumetto, tu mi raccontavi le tue storie al telefono, non c'erano fax e non c'erano le mail, così tu mi descrivevi a voce la storia, e io ti raccontavo come l'avrei disegnata.
Era un rapporto basato sulla fiducia. Ogni tanto ci venivano le idee in treno, tra Bologna e Milano, tra Padova a Bologna, ti mettevi le dita nel naso e ci veniva in mente una storia su Beppe Starnazza e le caccole, cose così.
Poi anche la band si sciolse, credo per colpa della CGD, che aveva investito soldi che non erano rientrati, e insieme alla band terminarono le nostre storie su Linus, ma siamo rimasti in contatto.
Io venivo a vederti ai concerti e agli spettacoli teatrali, tu leggevi i miei fumetti su Frigidaire.
Passavano gli anni e ci vedevamo ogni tanto, un po' più vecchi, ma sempre timidissimi.
Non sapevamo cosa dire, e il tuo sguardo (anche quand'eri fatto) era quello insostenibile di chi sapeva troppo bene come andava il mondo degli artisti amati ma poco compresi, e nascondevano abissi di ironica malinconia, a quel punto bastava un abbraccio, e così andammo avanti per sempre.
Non sapevamo cosa dire, e il tuo sguardo (anche quand'eri fatto) era quello insostenibile di chi sapeva troppo bene come andava il mondo degli artisti amati ma poco compresi, e nascondevano abissi di ironica malinconia, a quel punto bastava un abbraccio, e così andammo avanti per sempre.
Non abbiamo più lavorato insieme, ma ogni tanto ce lo riproponevamo, un po' con quella formula gentile che si deve recitare quando ci si vede, quasi per sottolineare che non ti sei perduto del tutto.
Ciao Roberto, ci siamo voluti molto bene, e questo è tutto, non siamo mai stati molto bravi a dirci molto di più.
Restano le storie, qui c'è una delle mie preferite.
Restano le storie, qui c'è una delle mie preferite.