Volevo un viaggio lontano dall'Italia, e così, per i miei peccati e a risposta delle mie preghiere eccolo qui. Mi chiamano Claudio e Alino del Comicon di Napoli, e mi chiedono se ho voglia di andare a Seoul per il Sicaf . Che cos'è? "E' il festival del cinema d'animazione e del fumetto con cui siamo gemellati". E io che c'entro? Ogni anno richiedono un ospite europeo a seguito della mostra che il Comicon manda dall'Italia, e quest'anno ha come argomento musica e fumetto, e hanno pensato a me. "Quanti giorni?". " Il festival dura 3 giorni, ma magari puoi allungare il periodo di permanenza".
Non ho molto tempo per questo viaggio, ma magari se vado con qualcuno è più divertente. Nicoletta verrebbe volentieri.
Nicoletta verrebbe volentieri ma bisogna pagare per la persona in più, vabbè, informiamoci. Il biglietto in più costa 900 € in classe economica.
Anche i giorni in più in albergo ce li dobbiamo pagare. Per andare a Seoul ci vogliono 15 ore all'andata e 11 per il ritorno. Nicoletta mi dice: "sai che c'è? A Seoul vacci tu" Il Sicaf quest'anno ha ridotto i fondi per cui sono l'unico ospite che parte dall'Italia. Seoul, 15 milioni di abitanti. Permanenza : circa due giorni è mezzo. Chiedo ad Alino cosa devo fare. "Semplice, devi presenziare all'inaugurazione e fare una conferenza in cui parli del tuo lavoro". "E cosa sanno del mio lavoro?". "Niente". Perfetto. Parto.
GIORNO 1-
Parto dall'aeroporto di Linate. Arrivo lì con largo anticipo. Ho cercato di ridurre all'osso il mio bagaglio per farlo passare come bagaglio a mano, terrorizzato come al solito dall'idea che venga perso, e se me lo perdono in Corea sono cazzi. Io non so il coreano, ma proprio niente. Nemmeno dire ciao.
Beh mi sono portato un pò di informazioni da consultare durante il viaggio, tanto di tempo ce n'è. Fatta la carta d'imbarco primo inconveniente: quando vado a pisciare e faccio per pigiare il bottone dello scarico oops! la carta d'imbarco scivola dal taschino della mia camicia e finisce nel cesso. La recupero, però l'inchiostro ha già cominciato a sciogliersi, e nonostante i miei patetici tentativi di asciugarla con il getto d'aria asciuga-mani del bagno il risultato è pietoso. All'imbarco dell'aereo l'hostess prende in mano quel simulacro cartaceo di Biglietto e mi apostrofa: "ma cosa ha fatto ?". Io mi invento il solito bambino fantasma che mi ha rovesciato dell'acqua sul biglietto. L'hostess non fa altre domande e mi guarda con pietà, o forse no, comunque entro in aereo.
Gli aerei di linea coreani hanno eliminato da tempo lo schermo del cinema e degli annunci, per adottare un moderno touch screen incastonato nel sedile di fronte a tutti i passeggeri, così ognuno può alienarsi con il proprio film o cartone animato preferito, o con le informazioni di volo, o può prenotare il servizio limousine dall'aereo, oppure vedersi un documentario, o giocare a dei giochini elettronici. Io non capisco subito che si tratta di un touch screen, ma scopro un telecomando incastonato nel mio bracciolo di sinistra. Lo stacco dal bracciolo, è collegato a un cavo che tiro fuori per tutta la sua lunghezza, ma che poi non riesco a fare rientrare nel bracciolo del mio sedile. Lo incastro a forza bestemmiando, e il telecomando si apre in due. Riesco comunque a sistemarlo nell'apposito vano, e ci piazzo sopra la copertina in dotazione della compagnia aerea facendo finta di niente.
Vicino a me si siede una giapponese, che chiede informazioni alle hostess coreane in italiano, che le rispondono in inglese. Per la durata del viaggio farò da interprete, dal momento che lei l'inglese non lo sa, e le hostess coreane ovviamente non sanno l'italiano. Il viaggio trascorre così, tra i gli schermi lcd e i pasti da aereo che ben conosco (qualsiasi cosa ha il sapore dell'alluminio ), però scopro l'ottima birra coreana Cass (chissà che successo in nord Italia, se la importassero).
Mi vedo qualche film, ma di usare il computer con le mie preziose informazioni sulla Corea non se ne parla. Lo spazio è ridotto, e appena scatta l'ora X, ovvero un paio d'ore dopo il decollo, tutti si mettono comodi, il che consiste nell'inclinare il sedile in modo che se il viaggiatore dietro di te non fa lo stesso si ritrova la testa del viaggiatore che gli sta davanti in grembo. Alla dodicesima ora di viaggio sono provato, le gambe mi formicolano, e mi resta da vedere solo l'ultimo film rimasto "L'Ultimo Templare", con Nicolas Cage. Ovviamente è orrendo.
Arrivo a Seoul, dopo la compilazione di vari moduli canonici in cui dichiaro che non ho intenzione di creare gruppi terroristici, non sto importando animali alieni e non trasporto droga, sono libero nella immensa hall dell'aeroporto di Incheon.
Lo staff del Sicaf mi ha spedito una mappa apparentemente precisa al millimetro su dove han posizionato il banco per l'accoglienza, ma mi dicono che tanto non servirà perché mi attenderanno all'ingresso. Naturalmente all'ingresso ci sono un sacco di persone con cartelli in attesa dell'arrivo di qualcuno, ma non di me. Niente paura, ho la mia preziosa mappa per raggiungere il punto d'incontro con lo staff del Sicaf…punto d'incontro che non c'è. Niente panico, il Sicaf è un festival conosciuto e al primo banco informazioni sapranno dirmi dove sono posizionati, Al banco informazioni non sanno nemmeno cosa sia, un Sicaf, forse è un animale esotico? No, Non si possono importare animali esotici in Corea.
Ogni volta che passo davanti al supposto luogo dove dovrebbe trovarsi il punto d'incontro del Sicaf vengo aggredito da tassisti che si propongono di portarmi al mio albergo, che a questo punto è l'unico indirizzo che ho. Ogni volta che ripasso nello stesso punto i presunti tassisti ridono, il che non mi mette precisamente nella migliore disposizione d'animo per accettare i loro servizi… ma a un certo punto noto che al gate di uscita dei voli internazionali c'è un piccolo cartello, con su scritto in inglese "scusateci, ma ci siamo spostati all'uscita 4" firmato Sicaf!
PORCODIO! Esclamo. Tanto i coreani mica lo sanno l'italiano, però credo capiscano il senso, dato che i tassisti smettono di ridere di colpo.
Riesco a trovare il banchetto dello staff di 'sto Sicaf che sto maledicendo da un ora, ci sono due ragazze molto gentili, che mi salvano e mi dicono che è tutto ok e che una di loro mi porterà in albergo in taxi. Fuori dall'aeroporto c'è un'umidità letterario-cinematografica, becchiamo un taxi guidato da un rettile che se la gode all'afa in guantini da corsa di pelle e occhiali da sole avvolgenti che che non vedevo dagli anni '80 e partiamo.
Evidentemente è in atto un complotto contro di me da parte dei tassisti coreani perché questo qui non sembra intenzionato a usare l'aria condizionata, e quando cerco di aprire i finestrini lui li richiude. La strada è un inferno al sole, il tassista sadico non ha pietà, e non parla l'inglese. Chiedo alla mia accompagnatrice se è possibile avere un pò di aria condizionata, ma lei mi riferisce che secondo lui è accesa. Però, simpatici questi coreani.
Dopo un ora di sofferenza arriviamo all'albergo, il rettile ci fa scendere e riparte a razzo con i miei bagagli in macchina, lo fermo aggrappandomi al cofano, scena osservata con sussiego dai portieri dell'albergo a 10 stelle. Non devo fare una bella impressione, sudato come un maiale, ma l'imperscrutabile cortesia orientale sembra non farci troppo caso. La mia accompagnatrice mi scorta fino a una camera gigantesca, con aria condizionata polare. Insomma, un luogo comune dopo l'altro e cortesie di circostanza e mi lascia solo in camera, dandomi appuntamento per il giorno dopo alle 10. Mi faccio un bagno caldo e mi addormento in vasca. Mi sveglio alle dieci di sera, il ristorante al piano terra di questo edificio di 30 piani è chiuso, e allora esco nella metropoli.
Ogni metropoli del mondo ha un odore che la caratterizza, ad esempio New York sa di spezie, aria fritta e fumi tossici e caramello. Seoul sa di tombino e di detersivo Dixan, quello che si compatta in fondo al fustino. Faccio un giro, e trovo un Seven Eleven aperto, che non ti delude mai, compro due tramezzini, una Pepsi e una barretta di cioccolato. Mangio questo cibo globalizzato in camera, constatando che anche il sapore dei tramezzini è ormai uno standard, infatti questi hanno lo stesso sapore di quelli dei distributori delle stazioni ferroviarie italiane. Mi addormento con il gusto di maiale plastico in bocca.
fine prima parte.