Più o meno così.
Sono al concerto di Patty Smith, a Bologna.
L'Italia è a digiuno di concerti rock americani da qualche anno.
Verso la fine degli anni '70 Lou Reed e Santana ( evidentemente non nello stesso concerto), sono stati salutati a colpi di lacrimogeni e sfondamenti (se lo ricordano ancora adesso).
Da allora nessun gruppo straniero ha più voluto venire a suonare in Italia.
Adesso la musica è cambiata, e Patty Smith suonerà in Italia.
Lei non ha paura, e c'è grande attesa.
la musica è cambiata.
Patty è già stata catalogata come "la sacerdotessa " ( ma anche la "poetessa") del rock.
Sanguineti, sulle pagine dell'"Espresso", stigmatizza e critica i contenuti poetici della neodiva: il suo frullato di RimbaudPasoliniJimMorrison e tare cattoliche suscita perplessità, "- è un'americana grezza, ingenua e primitiva-".
I giovani vawers italiani sono divisi.
Una fazione l'adora, piacciono le sue radici con Dylan, gli Stones e i Byrds conditi in salsa elettrica.
L'altra fazione è ostile, Patty ha da poco scritto una canzone per Giovanni Paolo primo, uno dei papati più brevi della storia. Patty usa toni mistici e romantici, un pò fuori luogo in questo mondo di scafati post punk che considerano il papa una servo del potere, in questo caso pure un tantino idiota.
In più non le perdonano le sue radici con Dylan, gli Stones e i Byrds.
Siamo nello stadio di Bologna dalle 4.30 del pomeriggio, è settembre e ci sediamo sull'erba ad aspettare l'evento storico.
Qualcuno ha stampato dei santini con l'immagine di Patty, sopra hanno scritto "attenzione alla puttana santa".
E' un periodo in cui Fassbinder va forte nei cineclub.
Io, da bravo boy scout, mi sono portato da casa i panini e la macchina fotografica.
Alle 21.30 sulle note della sua versione di "So you want to be a rockn'roll star" dei Byrds ( ancora loro), arriva lei.
Ha una maglietta a righe e le tette floscie.
Tutti si alzano nelle prime file, e quelli che stanno dietro cominciano ad urlare e a lanciare zolle di terra, non riescono a vedere niente. Non sarà un concerto pacifico, metà degli spettatori paganti passeranno il tempo a litigare tra di loro.
Forse dagli spalti si riesce a vedere qualcosa, ma sul prato è un macello di urla e terriccio smosso.
Patty Smith a un certo punto attacca con la lagna poetica su Giovanni Paolo Unico, e parte un bel coro di fischiazzi.
Lei è americana, ed è perplessa, non capisce. Per lei il papa è un personaggio dell'immaginario collettivo, un'incrocio tra Mickey Mouse e un saggio monaco zen tratto da un film di kung fu.
Per il popolo rokenròl invece è un rompicoglioni opprimente.
Dopo un pò di canzoni e qualche clarinettata stonata si passa al bis, che comprende una versione di "My Generation" con contorno di corde di chitarra strapazzate, poi tutto finisce.
Lo stadio sembra che sia stato arato, pronto per la semina, dalle zolle spuntano dei santini di Patty, forse germoglieranno giorni migliori.
Gli anni di piombo sono quasi alle spalle, davanti a noi ci sono anni di Righeira e abiti Armani dalle spalle imbottite.
Quando a casa svilupperò le foto del concerto ci sarà solo una foto decente di Patty Smith: è di profilo, i capelli sulla faccia, una sagoma magra che suona il clarino.