Al mattino sveglia alle 7. Bisogna fare colazione e scendere tutti insieme. E’ una questione di posti auto. E dobbiamo muoverci in truppa sia per andare giù che per tornare su, altrimenti rischiamo di rimanere per sempre nei boschi lucchesi (o di non arrivarci mai, a seconda che sia mattino o sera). Per cui rimetto insieme i pezzi e scendo con Simone. Parcheggiamo, facciamo colazione e arriviamo a piazza Napoleone. Si vede già che è venerdì e comincia ad arrivare la gente, non sono ancora le 9 e già c’è folla in coda per entrare nel settore games. La massa di persone sta montando, anche se la giornata clou sarà il sabato.
Strano che un evento che raccoglie una simile massa di persone passi quasi completamente inosservato in tutti i media nazionali, eppure in un paese disgraziato come il nostro il fatto che si rinchiudano tutte queste persone in uno spazio limitato come la cerchia delle mura di Lucca senza che degli italiani si scannino tra di loro dovrebbe essere già di per sé una notizia.
Qualcuno mi racconta però la che la sera prima, nella piazza ovale dove si trascinano i turisti e i vari operatori di settore in cerca di un po’ di vita notturna (non aspettatevi cose turche, nella piazza ovale ci sono gli unici 4 bar che tengono aperto fino alle 2 di notte), sia scoppiata una rissa tra autori di fumetti… Mah, probabilmente è una leggenda.
La battuta (involontaria) migliore della giornata la fa la mia fidanzata, che al telefono mi chiede come me la passo a Lucca, visto che ha sentito che è piena di Coldplay.
L’idea di una Lucca piena di 300.000 persone che urlano a squarciagola le canzoni dei Coldplay ciondolando per le strade del centro è veramente un’immagine quasi insostenibile.
All’ora di pranzo arriva Tiziano Scarpa, ed è molto di buonumore, talmente di buonumore che manifesta il desiderio di visitare l’area Games (quella con maggiore concentrazione di persone), giusto per visitare “L’occhio del ciclone”, ma io gli dico che si tratta di una originale forma di suicidio, e che se ci va è meglio che prima faccia testamento.
L'area Games.
Facciamo le nostre dediche in coppia allo stand. Abbiamo elaborato da mesi una formula che funziona molto bene: non ci limitiamo a fare una dedica con disegnino, ma facciamo una vera e propria “diagnosi del paziente”, scritta e disegnata, con cui tracciamo la personalità di chi compra il nostro libro. Questo è nato dal fatto che Tiziano, per non fare la figura di quello che firma e basta ha voluto generosamente spendere un po’ più di tempo. I nostri fans leggono le frasi scritte da Tiziano come se si trattasse di una specie di oracolo. Tiziano, combinando ad arte le parole riesce sempre a fare in modo che i lettori si riconoscano.
E’ un chiaro esempio di crollo di valori.
Magari il prossimo passo è candidarsi alle elezioni.
Sfruttiamo una pausa per andare a vedere insieme le mostre, e ci imbamboliamo un bel po’ alla mostra storica sulla Naughty Dog (storica casa produttrice di videogiochi), ci ipnotizziamo davanti alle sessioni di gioco di “The Last of Us”, e per un po’ ci emozioniamo ai tentativi di sopravvivenza di due poveracci digitali.
Verso sera una parte dello staff (Francesca ed Elisabetta), accompagna Tuono Pettinato alla premiazione dei gran Guinigi, dove gli verrà dato il (meritato) premio per il miglior autore unico, e dove a sorpresa premieranno come miglior graphic novel un numero speciale di Super G, (mensile delle Edizioni Paoline) che ha pubblicato l’opera di due fratelli finlandesi: “Jaybird”. L’opera in questione è sorprendentemente bella e cupissima, il premio è davvero un miracolo. Il resto dei Gran Guinigi non li ricordo, se non che a Gipi han dato il gran premio Gipi (anche questo meritatissimo).
Oggi si deve andare a mangiare prestissimo, perché Simone ha prenotato dallo storico Giulio in Pelleria, meta obbligata per le sue zuppe di legumi, verdure, farro e farinata. Giulio è imballato di gente, ci han detto che hanno un buco per farci mangiare alle 20, ma alle 21.15 ci dovranno cacciare da lì a badilate.
Miracolosamente ce la facciamo a fare tutto senza strozzarci con il cibo, e anche a risalire i soliti tornanti in tempo per qualche partita a biliardo nella casa dove siamo ospiti. Io non gioco a biliardo da quando avevo 20 anni, ma per pura botta di culo riesco a fare un colpo da tre palle in buca, dopodiché scivolo nella piatta mediocrità e vado a dormire in camera con Tiziano. Il giorno dopo possiamo svegliarci alle 8. Wow.
Scendiamo “tardino”, se si può dire tardi un orario di Sabato che corrisponde alle 9.30, ma il traffico in entrata è già congestionato.
Troviamo parcheggio in un posto stracolmo di roulottes e camper da cui fuoriescono in continuazione cosplayers perfettamente costumati… chissà se amano anche fare sesso vestiti da Grande Puffo e Lamù? A me piacerebbe.
In 15 minuti a piedi siamo di nuovo in Piazza Napoleone. Il nostro obbiettivo è tirar tardi e fare i fannulloni fino alle 14, orario in cui intendiamo assolutamente andare alla conferenza di Robert Crumb e Gilbert Shelton, la conferenza più attesa da buona parte degli autori di fumetti presenti alla convention. Crumb non ama spostarsi, è agorafobico e detesta stare in un luogo con più di 30 persone… direi che ha scelto proprio il posto giusto.
Le conferenze a Lucca sono di solito desolatamente disertate, e in genere sono solo popolate da sparuti amici rastrellati alla disperata all’interno dei vari padiglioni, questo a meno che la conferenza non sia di qualcuno della sacra tirimurti Gipi-Recchioni-Zerocalcare, (oppure di qualche saga fantasy a me sconosciuta), ma non facendo parte di questa famiglia ho declinato l’ipotesi di fare conferenze per il nostro libro: un’umiliazione in meno non può che farci del bene.
Ho ancora in memoria l’esperienza di due anni fa, quando diedi una conferenza per il libro “la quarta necessità”, dove ho avuto una presentazione in libreria con un’unica presenza: una signora che era capitata lì per caso e si vergognava ad andare via, e un’altra nel padiglione editori dove ho avuto due spettatori, di cui uno era il mio amico Smoky che se ne andò via a metà perché voleva andare a fasi fare una dedica da chissàchicazzo.
Arriviamo alla conferenza di Crumb e Shelton, i padri dell’underground a cui tutti dobbiamo perlomeno qualcosina, e riusciamo pure a prendere posto senza sgomitare. Dopo qualche decina di minuti la sala si riempie.
La sala è all’interno di una suggestiva chiesa sconsacrata, e quando arrivano i due guru si vede che Crumb è di buonumore, scherza e intona litanie in finto latino. Appena sono arrivati tutti si sono alzati ad applaudire, Crumb è sorpreso e forse emozionato, si prende bene e a parte le solite dichiarazioni sulla musica popolare americana che ha smesso di produrre cose decenti dal 1920 in poi riesce ad essere molto spiritoso, e quasi si commuove a rievocare il periodo dei “dolci figli dei fiori”.
Negli ultimi anni Crumb è stato “riscoperto” dal mondo del collezionismo d’arte, e le cose han cominciato a girargli bene, con tavole battute all’asta a 100.000 dollari. Narra la leggenda che la sua casa in Francia se la sia comprata barattandola con 6 dei suoi quaderni di schizzi. Crumb minimizza la portata del suo lavoro, ma ogni tanto la moglie da sotto il palco gli urla che quel lavoro da lui tanto bistrattato permette loro di vivere una vita piuttosto piacevole.
Finita la conferenza cerchiamo di tornare al nostro stand, ma è un’impresa disperata, sono le 4 del pomeriggio, e ormai la città è piena di gente, non c’è un centimetro libero, le code per le dediche escono dai padiglioni e si estendono per decine e decine di metri lungo le piazze, Zerocalcare sta disegnando allo stand Bao da ore e ore, ma chissà se ce la farà a finire per la chiusura, si narra che una volta è andato avanti anche dopo, su una panchina all’addiaccio fino alle prime ore del mattino.
In qualche modo riusciamo ad entrare nel nostro stand, a Tiziano è visibilmente passata la voglia di visitare la zona games, per fortuna. Sarebbe comunque impossibile arrivarci, hanno chiuso l’accesso alla città, e la gente si sta arrampicando sui bastioni per entrare. Sembra World War Z, quando gli zombie fanno la piramide umana e si arrampicano sul muro di Israele.
Siamo in un’ area protetta, facciamo un po’ di dediche, poi alla chiusura Tiziano va a prendere il treno, e nonostante la giornata faticosa ha quasi l’aria dispiaciuta.
Si ritorna al solito ristorante, dove mangio qualcosa che la mia mente è riuscita a dimenticare e poi si cerca di rientrare alla villa dei tornanti.
Parto insieme al direttore editoriale della Rizzoli-narrativa e due neuroricercatori venuti da Londra per promuovere il loro libro “Neurocomics” . Cerchiamo di tornare alla macchina e al parcheggio fuori mano, ma non ci ricordiamo la strada. I nostri cellulari sono praticamente morti, ci hanno indicato a malapena la direzione dopodiché si sono spenti tutti insieme all’unisono. Dopo aver fatto un po’ di giri a vuoto, di cui alcuni anche attraverso dei sotterranei di Lucca di cui ignoravo l’esistenza, riusciamo in un oretta e mezza a trovare il parcheggio, che in realtà distava in linea d’aria 10 minuti dal ristorante.
I due neuroricercatori hanno mantenuto per tutto il tragitto un pietoso silenzio. Nel parcheggio si aggirano presenze inquietanti dal volto pallido, sono cosplayers che non sono riusciti a tirarsi via dalla faccia i chili di biacca che mischiano a componenti chimiche sconosciute e inattaccabili dagli agenti atmosferici, formule studiate apposta per resistere tutta la giornata.
Una volta saliti in macchina il divertimento non è finito, perché nessuno di noi si ricorda come arrivare alla villa, se non il vago ricordo di una chiesa diroccata e un nome che inizia con Pieve, facciamo diverse strade senza luci e in mezzo a boschi che ci ricordano le gesta del Pacciani, poi dopo un po’ di bestemmie e di recriminazioni reciproche riusciamo a trovare la strada.
Un’ora e mezzo di camminata e un’altra ora di tornanti ci hanno trasformato in esseri litigiosi e hanno azzerato ogni convenzione sociale.
Riusciamo a non farci uccidere da tutti gli altri che nel frattempo sono già arrivati sul posto ma non potevano entrare perché avevano lasciato le chiavi della villa a noi, ci avventiamo al bar e facciamo quattro colpi di stecca prima di piombare in un sonno senza sogni.
Scendo giù da Villa Tornanti in macchina con i miei stessi compagni dell’andata, ma con le valige. Non so come tornerò a casa, perché a quanto pare la stazione è assediata da gente che arriva e gente che parte, formando una specie di bolo unico. Per fortuna, mentre sto facendo un giro di compere per portarmi a casa i libri che mi interessano trovo Paolo Interdonato, che mi chiede se voglio andare con lui a Milano in macchina, visto che ha la macchina VUOTA. Lo benedico e per un momento mi pento di tutti i miei peccati. Dopo un paio d’ore di saluti a tutti i sopravvissuti partiamo, attraversiamo le folle, saliamo in macchina e riusciamo a prendere l’autostrada. In macchina abbiamo l’ultimo disco dei Primus che assomiglia a tutti gli altri dischi dei Primus precedenti, ma dopo il decimo ascolto troviamo che il brano “Lee van Cleef” abbia delle leggere variazioni che lo rendono il nostro pezzo preferito. Chissenefrega, viva i Primus, è finita, siamo vivi, e abbiamo lasciato alle spalle questo inferno paradisiaco.
Acc, peccato non essere riuscito a farmi fare la diagnosi da Scarpa. Ho "solo" un tuo disegno. Almeno ho conosciuto il tuo avvocato.
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