E’ il catalogo della collezione d’arte della Fondazione Benetton, un catalogo dedicato agli artisti italiani curato da Luca Beatrice.
Si tratta di una commissione, ogni artista doveva donare un quadretto di misura 10x10 cm, io ho fatto il mio.
Ma in realtà il mio è un dittico.
Alludeva al fatto che c’è solo una sottile discriminazione grafica tra ciò che il luogo comune considera arte e come basti un altro tipo di stile, un contorno nero e una semplificazione buffa per fare diventare il disegno automaticamente NOn-arte.
Vabbè, una boutade.
Ovviamente mi sono un po’ dato la zappa sui piedi, perché, pur sapendo che era stata richiesta un unica opera, io ho optato per un dittico.
E così è stata stampata un unica immagine, e il significato dell’opera è diventato incomprensibile.
Ma tanto chissenefrega, interessa forse a qualcuno cosa significa quello che facciamo?
E’ già tanto che una illustre fondazione faccia un gran bel catalogo, sprechi un bel po’ di carta preziosa e si accaparri centinaia di opere (senza pagarle) e le tenga accumulate chissàdove.
La colpa è solo mia, se accetto le regole del gioco non posso certo starmene qui in disparte a lamentarmi sul perché le cose non vanno come dovrebbero.
Il problema è alla fonte, ovvero, perché accettiamo di partecipare?
Per simpatia, per vanità personale, perché si pensa che sia un favore che in futuro verrà ricambiato, perché è un fioretto alla Madonna dell’arte, per distrazione e perché tanto non costa niente.
Ecco questo forse il punto: se non costa niente a noi, forse non vale niente per gli altri.
Alla fine si è anche contenti di essere parte di questo catalogo, e poi guarda, ci sono tutti…
C’è chi, in un altro ambito (ma molto contiguo), lo sta facendo:
http://www.italianfactory.info/portale/index.php/2014/11/lultima-provocazione-di-bros-le-chiese-non-sono-intoccabili/
Le cose, quando non le guardiamo troppo insistentemente, si muovono…
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